Alla fine la Lega ce l’ha fatta: le basterà pazientare ancora poche settimane e dopo più di venticinque anni dalla sua nascita otterrà la tanto agognata secessione delle regioni del nord, grazie all’autonomia differenziata.
Portati in CdM i testi delle intese per l’autonomia differenziata tra lo Stato e le tre ricche regioni del nord-est Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna non sono stati approvati per le reticenze del Tesoro e di diversi dicasteri che non vedono di buon occhio il trasferimento di competenze e imposte alle regioni e soprattutto per la frenata dei Cinque Stelle. Dopo il ridimensionamento subito in Abruzzo i pentastellati non hanno voglia di ingoiare anche questo rospo, che penalizzerebbe le regioni del sud, ossia il loro forziere di voti.
Servirà un vertice, la prossima settimana, tra Conte e i due vicepremier per sciogliere i nodi delle intese con cui Veneto e Lombardia chiedono la competenza su 23 materie, l’Emilia Romagna su 15. Insieme alle competenze viaggiano 21 miliardi stimati per assolverle. In questa malintesa autonomia differenziata ci sono materie oggi a legislazione concorrente, come la tutela della salute, ma anche di competenza esclusiva dello Stato, quali le norme generali su istruzione e tutela dell’ambiente e dei beni culturali.
Il Veneto ad esempio sta chiedendo poteri, e il governo giallo-bruno lo accontenta, anche in materia di trivellazioni. La regione quindi potrà derogare alla sospensione per il rilascio dei permessi e dei permessi già rilasciati per ricerca e prospezione prevista dal cosiddetto decreto Semplificazioni, incassando i canoni che oggi vanno nelle casse dello Stato. Alla faccia dei tanti leghisti che ci spiegano come l’autonomia differenziata non si ripercuoterà sulle altre regioni del Paese. E chissà come faranno i Cinque Stelle a conciliare la cessione di competenze anche in materia di tutela e gestione delle acque alle regioni autonomiste, con la legge sull’acqua pubblica che finalmente stiamo (è la legge del Forum dei movimenti per l’acqua pubblica non dei Cinque Stelle) portando in porto alla Camera.
Da qualsiasi parte la si voglia guardare questa autonomia differenziata è l’inizio del processo di disgregazione dell’unità e della solidarietà nazionali. Da una parte l’Italia dei ricchi, dall’altra quella del reddito di cittadinanza.
Sembra una contraddizione ma tra le regioni che più scalpitano per questa secessione dei ricchi c’è l’Emilia Romagna amministrata dal centro sinistra. Sembra una contraddizione, dicevo, ma non lo è. I testi di queste intese derivano, infatti, dai referendum regionali celebrati nella scorsa legislatura, dalle pre-intese raggiunte con il governo Gentiloni e, a ritroso, dalla riforma del Titolo V.
Il centro sinistra dovrebbe approfittare del rinvio della firma delle Intese e della spaccatura nel governo per aprire una riflessione e un dibattito pubblico sul tema. Per proporre soluzioni diverse alle differenze storiche del Paese, capaci di integrare e di sviluppare nuove sinergie tra i livelli istituzionali. Saprà cogliere l’occasione?
Il mio intervento su La Stampa è disponibile qui.
PORTERÀ ALLA DISGREGAZIONE DELL’UNITÀ NAZIONALE E ANCHE IL CENTRO SINISTRA NE È RESPONSABILE. IL MIO INTERVENTO SU LA STAMPA
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