Giulio Regeni è stato catturato e torturato a morte dai servizi segreti egiziani. Sono le conclusioni della Procura di Roma che, come riportato da ‘Il Fatto Quotidiano’ e da diversi giornali, ha chiuso l’inchiesta. In quattro agenti, tra cui il numero 2 della sicurezza egiziana, rischiano di finire a processo, mentre per altri 13 soggetti non è stato possibile accertare la posizione. Data la mancata collaborazione delle autorità egiziane, i genitori del ricercatore italiano chiedono al Governo di richiamare il nostro ambasciatore al Cairo. Considerata la gravità dei fatti, che ledono il diritto e la dignità del nostro Stato e offendono la memoria di Giulio, ho presentato insieme al collega Fusacchia una interrogazione al ministro degli Esteri per sollecitare il richiamo dell’ambasciatore.
Al ministro degli Esteri chiediamo, inoltre, quali iniziative si intendano adottare nei confronti del governo egiziano rispetto ai fatti contestati alle autorità di quel Paese, la cui mancata collaborazione è certificata dai pm romani. Visto che parliamo di un paese in cui come denuncia Amnesty International si pratica la tortura, sollecitiamo l’esecutivo anche a sospendere tutte le forniture di armamenti in corso, compresa la consegna della seconda fregata Fremm, all’Egitto e a congelare ogni rapporto di collaborazione tra partecipate italiane e governo e/o compagnie di Stato egiziani.
C’è un altro fortissimo grido di dolore che arriva dall’Egitto: quello di Patrick Zaki. Lo studente egiziano dell’Università di Bologna detenuto senza motivo da oltre 10 mesi nel suo Paese, lo scorso sabato ha affidato alla madre parole molto allarmanti: “Sono esausto fisicamente e mentalmente, non posso continuare qui ancora a lungo”. Un grido che interroga anche l’Italia e che ci deve spingere a fare il massimo. Mi unisco all’appello di quanti domandano al nostro governo di adoperarsi con urgenza affinché Patrick sia liberato al più presto.
Il testo dell’interrogazione è disponibile qui.
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