L’Italia quest’anno è al 29° posto anziché al 30° della classifica del Climate Change Performance Index: il rapporto sulla performance climatica dei principali Paesi del Pianeta redatto da Germanwatch, CAN e NewClimate Institute in collaborazione con Legambiente per l’Italia. A pesare sulla nostra deludente performance, come spiega l’associazione e come denunciato ripetutamente da noi ecologisti, sono soprattutto il rallentamento nello sviluppo delle rinnovabili e una politica climatica ancora inadeguata a fronteggiare l’emergenza.
Fanno decisamente meglio dell’Italia i Paesi scandinavi con Danimarca e Svezia, rispettivamente quarta e quinta, grazie all’impegno per l’abbandono delle fonti fossili e per lo sviluppo delle rinnovabili. In fondo alla classifica ci sono, invece, Paesi esportatori e utilizzatori di combustibili fossili come Iran, Arabia Saudita e Kazakistan. Vuote le prime tre posizioni della classifica: nessuno tra gli Stati presi in considerazione dal rapporto (59 nazioni più l’Unione Europea) ha raggiunto le prestazioni necessarie a contenere l’aumento della temperatura media globale entro la soglia critica di 1,5°C.
E anche l’impegno Ue annunciato alla Cop27 di Sharm El-Sheik di ridurre le emissioni climalteranti del 57%, anziché del 55%, entro il 2030 è troppo poco. L’Europa può e deve andare oltre, tagliando le emissioni di almeno il 65% al 2030 rispetto ai livelli del 1990.

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