Mentre alla Camera si lavora sulla promozione della mobilità sostenibile nel decreto Rilancio, ad esempio con due emendamenti a mia prima firma per riconoscere anche gli studenti fuori sede il bonus bici e per istituire il doppio senso ciclabile nelle nostre città, a Roma scappa l’ennesima compagnia di bike sharing. Un copione già visto. Dopo neanche un anno Uber-Jump è pronta a passare il testimone alla californiana Lime e in attesa che arrivi la nuova flotta di bici in condivisione si è ridotto sensibilmente il numero delle bici elettriche a noleggio di Jump in città. Creando seri disagi ai cittadini che vorrebbero fare affidamento sul bike sharing per contribuire a rendere più pulita l’aria e rendendo la città una delle poche capitali europee che non riesce a dotarsi di un servizio di bike sharing degno di questo nome.
Proprio la bici con gli altri mezzi di micro elettrico, specie dopo l’arrivo del coronavirus, è la candidata ideale per garantire libertà e sicurezza negli spostamenti ai cittadini, aria più pulita per i nostri polmoni e città più vivibili per tutti. Evitando che la paura del contagio e la difficoltà del trasporto pubblico locale legate al periodo creino un pericolosissimo effetto boomerang sommergendo le città con un’onda di ritorno di traffico privato motorizzato e smog.
Sembra non averlo capito l’amministrazione della nostra Capitale, che nei fatti non riesce a centrare l’obiettivo di un piano per una mobilità intermodale, dolce e sostenibile, fatto di trasporti pubblici, cura del ferro, ma anche di mezzi elettrici, sharing-mobility, ciclabili e corsie dedicate all’utenza debole come pedoni, bici, monopattini e monowheel e overboard.
La mobilità sostenibile ha bisogno di una nuova cultura della mobilità e va sostenuta, ma oltre alle parole ha bisogno di provvedimenti e atti concreti. Anche da parte dell’Amministrazione di Roma. Se non ora quando?
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