Più povere e fragili, discriminate e sottorappresentate, più esposte alla violenza. È la condizione delle donne italiane nel 2020.
Proprio questa è una delle cause più forti di arretratezza e scarsa competitività. Oltre a una questione di diritti e libertà, infatti, quella della parità di genere è una questione prioritaria che riguarda anche il benessere del Paese. Perché il fattore D – ossia la partecipazione delle donne e la loro presenza nelle posizioni apicali – fa bene a società, politica ed economia. Lo ha certificato Bankitalia e ce lo hanno ricordato le ricercatrici dello Spallanzani che hanno isolato il coronavirus in Italia.
Serve realizzare una piena uguaglianza di genere per cogliere quel protagonismo femminile di cui il Paese ha grande bisogno, anche per crescere. E il tutto è reso ancora più urgente dalla difficile fase e dal clima di regresso che stiamo vivendo.
Abbiamo bisogno di un’alleanza comune, di un impegno trasversale e condiviso come quello dell’Intergruppo per le Donne, i Diritti e le Pari Opportunità. E pur apprezzando l’impegno della ministra Bonetti, credo che il governo debba dimostrare con atti concreti di prestare la massima attenzione alla partecipazione femminile, a partire dalle prossime nomine pubbliche.
Per tutte queste ragioni ho sottoscritto con convinzione la mozione dell’On. Boldrini, che sollecita l’esecutivo a rafforzare le iniziative per superare le discriminazioni e contrastare la violenza, per tutelare i diritti delle donne e raggiungere la tanto agognata parità tra i sessi.
Il mio intervento in Aula alla Camera per annunciare il voto favorevole di LeU alla mozione di maggioranza sulla parità di genere.
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