L’Italia è uno dei più grandi paesi europei in cui manca una forte presenza “verde” in politica.
Nonostante le lotte sul territorio di lunga data, un movimento organizzato e una crescente consapevolezza nella società, né i principali partiti né il mondo delle imprese e della finanza – con poche eccezioni – hanno iniziato a prendere sul serio le tematiche ambientali. Un dato di fatto che va ben al di là degli errori commessi in passato dalla politica e coinvolge anche noi ecologisti, che abbiamo faticato a lungo per rendere l’ambiente e la conversione ecologica una questione ‘popolare’. Ma soprattutto questo dato di fatto riguarda un ritardo culturale e una mancanza di visione.
Un esempio. L’Italia produce il 70% della plastica monouso utilizzata in Europa. Dopo l’approvazione delle direttiva che mette al bando la plastica usa e getta, sarebbe stato dunque nostro interesse nazionale preparare bene l’applicazione delle direttiva e accompagnare l’industria italiana del settore verso la sostenibilità, verso la necessaria trasformazione. Ma la politica per lungo tempo non si è preoccupata di farlo. E gli investimenti del pacchetto industria 4.0 di fatto non hanno promosso una trasformazione sostenibile della produzione.
Oggi il Green deal europeo è un’opportunità da cogliere per mettere in campo un grande e lungimirante piano industriale per il Paese. Da ecologista intendo, però, questo piano come una grande trasformazione che deve toccare e rivoluzionare l’economia e la società. Pensiamo ad esempio al nuovo ruolo dei cittadini, che possono diventare da semplici consumatori a produttori di energia o fornitori di materiali grazie al riciclo. Al di là del mio pensiero, il Green deal dovrebbe suscitare interesse e attenzione anche da parte del settore industriale. Perché la trasformazione ecologica sta comunque arrivando ed è importate essere preparati. E perché convertire la nostra economia verso modelli sostenibili oltre ad essere necessario è anche una grande opportunità per creare nuova occupazione duratura e di qualità, di creare una società più equa, inclusiva e felice. Purtroppo però grandi aziende italiane, anche partecipate pubbliche, fanno un buon lavoro all’estero e niente in casa.
La politica si deve muovere. Per un soggetto ecologista autonomo servono generosità, visione, apertura e voglia di parlare con le tante esperienze nate sui territori. Come avremmo dovuto imparare da #AlexLanger, infatti, l’idea di essere autosufficienti è in contraddizione con l’ecologia moderna.
L’ecologia può essere un modo per far avvicinare e appassionare di nuovo le persone alla politica. E anche se il mio campo è il centro sinistra, visto che l’ambiente è una questione trasversale che riguarda ognuno di noi e tutti i settori, spero che anche le forze di centro destra diventino più consapevoli del tema. E ai Verdi Europei vorrei dire che devono interessarsi anche dell’Italia, non possono lasciarci così indietro. Sogno di vederli viaggiare e lavorare anche nel nostro Paese, confrontandosi con le tante esperienze ecologiste sperimentate dai nostri territori.
La mia intervista a Green European Journal in versione integrale.
LA MIA INTERVISTA A GREEN EUROPEAN JOURNAL
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