La terra è una delle più importanti risorse naturali del pianeta perché fornisce elementi essenziali alla vita, aiuta a mitigare il dissesto idrogeologico e accumula carbonio. Ma è una risorsa non rinnovabile. Per questi motivi la gestione virtuosa del suolo è importantissima sia per la sicurezza dei cittadini che per affrontare la crisi climatica. Una lezione che non abbiamo ancora imparato se è vero che un terzo dei suoli mondiali è degradato e che i terreni produttivi si riducono di 1.000 kmq l’anno a causa dell’impermeabilizzazione provocata da costruzioni e strade.
Ma ora la battaglia per la salvaguardia del suolo ha un nuovo alleato: la Re Soil Foundation, nata su iniziativa di Novamont, Politecnico di Torino e Università di Bologna con l’obiettivo di promuovere la ricerca scientifica e tecnologica, le attività di formazione e divulgazione e una rivoluzione produttiva che punti su una bioeconomia sostenibile con al centro i territori. Una missione strategica che mette insieme pubblico e privato. Perché i terreni fertili del Pianeta potrebbero assorbire ogni anno 0,7 miliardi di tonnellate di carbonio, l’equivalente di tutte le emissioni prodotte dalla combustione dei fossili nell’intera Unione Europea.
La nuova fondazione è stata presentata a Roma con un evento dal quale sono arrivate la richiesta di una direttiva europea a tutela del suolo e le proposte di coinvolgere attivamente anche gli agricoltori – che sono i custodi della terra – di utilizzare i rifiuti organici come compost per ridare fertilità ai terreni e di attivare filiere integrate e in sinergia con le comunità locali.
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