Già esiste un’Italia innovativa e sostenibile, capace di generare occupazione e reddito e di esprimere eccellenze, dalle rinnovabili all’economia circolare. Un’Italia da conoscere che gli Stati generali della Green economy raccontano bene. Ma come sistema Paese dobbiamo essere più coerenti, coraggiosi e veloci nel realizzare la transizione energetica e quindi la decarbonizzazione dell’economia. La conversione ecologia infatti ha bisogno di scelte urgenti perché, come evidenziato dal presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile Ronchi, quella climatica è una crisi ancora peggiore di quella pandemica. È quindi una buona notizia che, anche grazie all’Italia, l’Europa abbia confermato la priorità del Green deal.
Dobbiamo però dire chiaramente al Paese che i fondi del Recovery Plan andranno investiti al servizio di una ripartenza green, per aumentare la resilienza del sistema economico e sociale, per dare alla nostra pubblica amministrazione nuovi saperi e maggiore efficienza. Insomma per il futuro, non per progetti vecchi come il Ponte sullo Stretto di Messina. Proprio come il Pianeta, infatti, anche queste risorse le prendiamo in prestito dai nostri nipoti.
Per essere coerenti dovremmo avviare un taglio graduale dei sussidi alle attività ambientalmente dannose e usare queste risorse per accompagnare le imprese nella conversione ecologica. Quello che ha proposto il ministro Costa e per cui è stato duramente attaccato. Eppure è una scelta necessaria se davvero crediamo allo sviluppo sostenibile.
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