Nella vicenda dei container carichi di rifiuti urbani indifferenziati esportati illecitamente dall’Italia alla Tunisia, arriva una prima sentenza che prova a fare giustizia a tutela di salute, ambiente e buona economia. Il Tribunale di primo grado di Tunisi ha condannato a tre anni di reclusione l’ex ministro dell’Ambiente tunisino, Mustafa Aroui, e altre tre persone; condannati a 10 e 15 anni un dipendente del ministero dell’Ambiente e il titolare della Soreplast, la società tunisina importatrice dei rifiuti. Assolti gli altri imputati. La stessa vicenda, in Italia, ha portato a un’inchiesta presso la Procura di Potenza.
Insieme a Majdi Karbai mi sono occupata di questo caso sin dai primi mesi per sollecitare il governo italiano al rimpatrio dei rifiuti, al loro corretto smaltimento e a rivalersi poi sui responsabili del traffico illecito all’esito del procedimento giudiziario. Non è accettabile che in Europa e in Italia si lavori alla transizione ecologica e che, contemporaneamente, qualcuno pensi di arricchirsi esportando illecitamente rifiuti in un Paese extra Ue.
Oltre alla Soreplast il caso coinvolge l’azienda campana Sviluppo Risorse Ambientali ed è scoppiato quando un’ispezione delle Dogane tunisine ha rivelato che nei container non c’erano rifiuti plastici come dichiarato, ma scarti di ogni tipo non destinati al recupero. Tipologia che non può essere esportata tra paesi UE ed extra UE. Solo a febbraio 2022 ha avuto inizio il rimpatrio dei 213 container stoccati nel porto di Sousse verso quello di Salerno, mentre altri 69 che erano stati depositati nell’impianto della Soreplast di Moureddine sono andati a fuoco a fine dicembre 2021. Un incendio che forse, se l’Italia si fosse mosse prima, si sarebbe potuto evitare.
Qui un approfondimento di Ansamed.
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