Per i temi e le sfide che ci aspettano l’ecologismo rappresenta un fattore di speranza per il Paese, per l’Europa e per il pianeta. La cultura ecologista può essere l’argine al populismo se, contemporaneamente, riuscirà ad essere anche popolare perché non bisogna dimenticare la lezione dei gilet gialli, che hanno opposto le ragioni “di chi si preoccupa della fine del mondo” a quelle di quanti sono “preoccupati per la fine del mese”. Dobbiamo dimostrare che le questioni che poniamo sono prioritarie, che hanno consenso sociale e che le nostre soluzioni sono utili e desiderabili, come ci insegnava Alex Langer.
L’ambiente è una chiave strategica per fare politica economica e sociale, per costruire una società più giusta e meno diseguale, per proporre una valida ricetta di governo. Perché la lotta al mutamento climatico parla di lotta alle disuguaglianze, politiche industriali e nuovo lavoro, di salute, partecipazione e democrazia, di migrazioni e geopolitica. Ma per farlo è fondamentale incrociare la dimensione civica, dei territori, dove le crisi ambientali esplodono e dove si possono trovare le soluzioni: penso alle città, ma anche ai piccoli comuni che combattono contro il dissesto idrogeologico o per un’agricoltura sostenibile e di qualità.
Una proposta ecologista, civica, femminista, aperta, che contribuisca alla costruzione di una nuova Europa: dei popoli più che dell’euro, che abbia una politica per gestire le migrazioni e non si chiuda come una fortezza. Un’Europa che ritrovi il suo protagonismo in campo ambientale e sappia garantirci un futuro di pace e benessere condivisi.
Il mio intervento alla conferenza stampa sulle Europee 2019 di Verdi Europei, Italia in Comune, Verdi italiani e personalità del mondo ecologista e associativo.
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